Quando i bambini diventano “VIP” e i genitori si trasformano in maggiordomi 2.0
Quando i bambini diventano “VIP” e i genitori si trasformano in maggiordomi 2.0
Ecco un gioco di ruolo che nessuno ci ha chiesto di accettare: i figli come piccoli CEO del divertimento, noi genitori come assistenti personali h24. Tra feste da 100 invitati con torte da museo e animatori che parlano al vento, ecco come rischiamo di trasformare la crescita in uno show surreale.
Il circo delle feste (e dei telefonini)
Immagina questa scena:
- Torta arcobaleno: alta come un lampione, decorata con draghi o personaggi TikTok, ma i bimbi ne mangiano un boccone e scappano.
- Animatori: urlano giochi di gruppo mentre i piccoli fissano il cellulare, sperando che papà o mamma postino il video su Instagram.
- Genitori: schiavi dello smartphone, pronti a immortalare ogni istante (“Mamma, guarda che respiro!”), ma distratti dalle notifiche mentre i figli distruggono il buffet.
E intanto, tra un selfie e un messaggio WhatsApp, ci chiediamo: *”Dove sta andando a finire l’infanzia?”*.
Bambini “full optional” ma con la batteria scarica
Oggi i piccoli hanno:
- Tablet come braccialetto: il gioco più creativo è “quanto dura la carica?”
- Vestiti da fashion week: con etichette più lunghe del loro nome, ma non sanno annodarsi le scarpe.
- Un glossario ridotto: scrivono “K” al posto di “C” e “grz” invece di “grazie” (che noia la grammatica, vero?).
- Un ego da influencer: aspettano applausi per ogni sospiro e si indignano se non gli compri l’ultimo modello di sneaker.
E noi? Corriamo a riempire ogni loro “vuoto” con giocattoli, dolci, gadget… dimenticandoci che a volte il miglior regalo è il “no” che insegna a desiderare.
Perché i nostri figli sembrano alieni?
Forse perché li abbiamo cresciuti in una bolla di:
- Sì permanenti: nessun limite, nessuna attesa. Vogliono tutto e subito.
- Protezione estrema: li salviamo da ogni caduta, errore o delusione, dimenticando che la vita è fatta anche di ginocchia sbucciate.
- Socializzazione a pagamento: preferiscono il tablet alle palle di neve, gli amici “virtuali” a quelli che puzzano di merenda al cioccolato.
E quando proviamo a dire “basta schermi, andiamo a giocare fuori?”, ci guardano come fossimo appena scesi da un UFO.
E se cambiammo copione?
Non serve un ribaltone, ma un po’ di equilibrio. Ecco come:
1. Feste minimal: meno glitter, più creatività. Una caccia al tesoro in giardino o un laboratorio di slime costa meno e insegna di più.
2. Ritrovare il “no”: non è un insulto. È una parola che costruisce resilienza. Provate a dire: “Oggi no, ma domani sì… se mi aiuti a sparecchiare”.
3. Schermi a scaglie: limita i dispositivi e regala loro un libro. Non aspettarti applausi, ma un giorno ti ringrazieranno.
4. Lasciali annoiare: l’immaginazione nasce dal vuoto. Un pomeriggio senza schermo? Potrebbe trasformarsi in un capolavoro di cartone e scotch.
5. Sii genitore, non amico: Non serve piacere sempre. Serve insegnare. E a volte, essere quel “noioso” che dice “Mettiti le scarpe, andiamo a correre” mentre loro sbuffano.
E i nonni? I veri eroi sommersi
Ah, loro. Quelli che ascoltano i pianti, salvano le cene quando i genitori sono in tilt, e raccontano storie di quando si giocava con un bastone e una scatola. Loro sì che sanno cosa significa crescere qualcuno.
In fondo, siamo tutti in cerca di un happy ending
Non si tratta di essere genitori perfetti (perché non esistono). Si tratta di ricordare che i figli non sono progetti da vincere, ma persone da accompagnare. E a volte, per farli diventare adulti resilienti, dobbiamo smettere di essere i loro maggiordomi digitali.
Allora, pronti a spegnere lo schermo, spegnere la torta (anzi, mangiarla davvero) e accendere un po’ di sana, vecchia, meravigliosa normalità?
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