Sopravvissuti a un'Era Senza Paure: I Ragazzi tra il 1950 e il 1980
Crescita interiore,  Vita

Sopravvissuti a un’Era Senza Paure: I Ragazzi tra il 1950 e il 1980

Ti è mai capitato di guardare indietro e chiederti come si facesse a vivere senza GPS, senza caschi, senza nemmeno un messaggio “Dove sei?” a ricordarti che qualcuno ti stava cercando?

Tra gli anni ’50 e gli anni ’80, i bambini crescevano in un mondo apparentemente più pericoloso — eppure più libero. Non c’erano airbag, non c’erano cinture di sicurezza obbligatorie, e in bicicletta il casco era roba da astronauti. Il vento in faccia, il cuore in gola, la strada che si srotolava davanti: quella era la nostra idea di sicurezza.

Quando avevamo sete, non cercavamo una bottiglietta etichettata: ci bastava il rubinetto del giardino. E quando costruivamo carretti con ruote scassate per lanciarci giù per i pendii, sapevamo già che probabilmente saremmo finiti nei rovi. Ma non importava. Ogni caduta era una lezione, ogni livido un distintivo d’onore.

Non esistevano recinti, orari fissati al minuto, o app per tracciare i nostri movimenti. L’unica regola era: “Torna prima che faccia buio.” E bastava. Ci perdevamo per ore nei boschi, nei vicoli del quartiere, nei campi incolti — luoghi dove non c’erano influencer, ma c’erano amici veri. Quelli che ti aspettavano fuori casa, quelli che non avevano bisogo di notifiche per sapere che eri lì.

A tavola, a mezzogiorno, c’era tutta la famiglia. Papà, il piatto fumante, il silenzio che non era vuoto, ma pieno di presenza. La scuola finiva in un batter d’occhio, e nessuno ti chiamava “indietro” per un voto basso. Se non ce la facevi, ripetevi l’anno — senza drammi, senza diagnosi, solo con la consapevolezza che a volte bisogna riprovare.

Non contavamo le calorie, ma i chilometri percorsi a piedi. Non avevamo snack confezionati, ma un pezzo di pane con l’olio, un biscotto fatto in casa, una bibita gassata che sapeva di festa. Eravamo sempre in movimento, perché il gioco non era un’applicazione: era fuori, ad aspettarci.

E i fallimenti? Erano parte del cammino. Un dente perso, un braccio rotto, una figuraccia in piazza: non c’era colpevole da cercare, solo una lezione da imparare. Crescevamo con la pelle dura e il cuore morbido — forgiati non da elogi, ma da esperienze vere.

Che cosa ci ha lasciato quell’epoca?
Non solo nostalgia. Ci ha insegnato la responsabilità, il valore dell’autonomia, la bellezza del rischio calcolato. Ci ha mostrato che la paura non deve guidare la vita — e che a volte, per imparare a volare, bisogna prima cadere.

Forse non siamo “sopravvissuti” a quell’era.
Forse, semplicemente, ci ha insegnato a vivere.

Ritina80

Sopravvissuti a un'Era Senza Paure: I Ragazzi tra il 1950 e il 1980
Sopravvissuti a un’Era Senza Paure: I Ragazzi tra il 1950 e il 1980

Mi chiamo Rita, ma in tanti mi conoscono come Ritina80. Dal 2015 raccolgo e creo immagini con frasi originali e compongo testi: piccoli semi di parole pensati per aiutarti a dare voce alle tue emozioni, a dedicare un pensiero speciale a chi ami, o semplicemente a trovare un po’ di luce nei giorni più grigi. Perché a volte basta una frase per sentirsi meno soli… o per ricordare che la bellezza vive anche nei dettagli più semplici della vita.

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